Il cosiddetto "discorso del bivacco" è stato il primo discorso alla Camera dei deputati di Benito Mussolini.
Il discorso fu pronunciato il giorno 16 novembre 1922.
Pochi giorni prima, in seguito alla Marcia su Roma, Mussolini aveva ricevuto dal re Vittorio Emanuele III l'incarico di formare il governo.
Si tratta di un discorso particolarmente duro in cui già si intravedono i segnali della futura dittatura e che anticipa alcuni passaggi del discorso dell'ascensione del 26 maggio del 1927.
L'unico che gli si oppose apertamente fu il leader socialista Filippo Turati (che morirà pochi anni dopo, in esilio, a Parigi, mentre era ospite del sindacalista Bruno Buozzi, ucciso dai tedeschi nel 1944). Il discorso di Turati è noto come "Il parlamento è morto".
Dopo il "discorso del Bivacco" di Mussolini, dopo il discorso "Il parlamento è morto" di Turati, la camera votò la fiducia a Mussolini. Tra i voti a favore anche quelli del futuro leader dalla Democrazia Cristiana Alcide De Gasperi, di Giovanni Giolitti e del futuro Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. Segno che, in un primo momento, alcuni non compresero il pericolo rappresentato dal fascismo.
Discorso alla Camera dei Deputati - Benito Mussolini
16 novembre 1922
Signori, quello che io compio oggi1, in questa Aula, è un atto di formale deferenza2 verso di voi e per il quale non vi chiedo nessun attestato3 di speciale riconoscenza. […]
Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non vi abbandona dopo la vittoria. Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente4 pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo.
Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli, potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto. […]
Ringrazio dal profondo del cuore i miei collaboratori, ministri e sottosegretari; ringrazio i miei colleghi di Governo, che hanno voluto assumere con me le pesanti responsabilità di questa ora. […]
Credo anche di interpretare il pensiero di tutta questa Assemblea5 e certamente della maggioranza del popolo italiano, tributando un caldo omaggio al Sovrano, il quale si è rifiutato ai tentativi inutilmente reazionari dell’ultima ora, ha evitato la guerra civile e permesso di immettere nelle stracche6 arterie dello Stato parlamentare la nuova impetuosa corrente fascista uscita dalla guerra ed esaltata dalla vittoria7. […]
Prima di giungere a questo posto da ogni parte ci chiedevano un programma. Non sono, ahimè, i programmi che difettano in Italia: sibbene8 gli uomini e la volontà di applicare i programmi. Tutti i problemi della vita italiana, tutti dico, sono già stati risolti sulla carta: ma è mancata la volontà di tradurli nei fatti. Il Governo rappresenta, oggi, questa ferma e decisa volontà.
La politica estera9 è quella che, specie in questo momento, più particolarmente ci occupa e preoccupa. […]
L’Italia di oggi conta, e deve adeguatamente contare. Lo si incomincia a riconoscere anche oltre i confini. Non abbiamo il cattivo gusto di esagerare la nostra potenza, ma non vogliamo nemmeno per eccessiva ed inutile modestia diminuirla.
La mia formula è semplice: niente per niente. Chi vuole avere da noi prove concrete di amicizia, tali prove di concreta amicizia ci dia. […]
Roma sta in linea con Parigi e Londra, ma l’Italia deve imporsi e deve porre agli Alleati quel coraggioso e severo esame di coscienza ch’essi non hanno affrontato dall’armistizio ad oggi. […]
Noi vogliamo seguire una politica di pace: non però una politica di suicidio.
Le direttive di politica interna si riassumono in queste parole: economie, lavoro, disciplina. Il problema finanziario è fondamentale: bisogna arrivare colla maggiore celerità possibile al pareggio del bilancio statale. […]
I cittadini, a qualunque partito siano iscritti, potranno circolare: tutte le fedi religiose saranno rispettate, con particolare riguardo a quella dominante che è il cattolicismo: le libertà statutarie10 non saranno vulnerate: la legge sarà fatta rispettare a qualunque costo. […]
Signori! Da ulteriori comunicazioni apprenderete il programma fascista, nei suoi dettagli e per ogni singolo dicastero11. Io non voglio, fin che mi sarà possibile, governare contro la Camera: ma la Camera deve sentire la sua particolare posizione che la rende passibile di scioglimento fra due giorni o fra due anni.
Chiediamo i pieni poteri perchè vogliamo assumere le piene responsabilità. […] Con ciò non intendiamo escludere la possibilità di volonterose collaborazioni che accetteremo cordialmente, partano esse da deputati, da senatori o da singoli cittadini competenti. […] Prendiamo impegno formale e solenne di risanare il bilancio12 e lo risaneremo. Vogliamo fare una politica estera di pace ma nel contempo di dignità e di fermezza: e la faremo. Ci siamo proposti di dare una disciplina alla Nazione e la daremo. Nessuno degli avversari di ieri, di oggi, di domani si illuda sulla brevità del nostro passaggio al potere.
Benito Mussolini, 16 novembre 1922
1È il 16 novembre del 1922. Il 28 ottobre del 1922 aveva avuto luogo la marcia su Roma. Il 30 ottobre il re Vittorio Emanuele III assegna a Mussolini il compito di formare il nuovo governo. Il 16 novembre 1922, Mussolini si recò alla Camera dei deputati per presentare la lista dei suoi ministri (tenne nelle sue mani le cariche di ministro dell'Interno e ministro degli Esteri) e pronunciò il "discorso del bivacco".
2Un atto di rispetto e riguardo.
3Certificato, dichiarazione (vuol dire che mostra rispetto per motivi puramente formali e che non chiede in cambio nulla).
4Con passione quasi religiosa.
5La Camera dei Deputati.
6Stanche e vecchie.
7Con questa frase allude alla decisione con cui il re Vittorio Emanuele III ha assegnato a Mussolini il compito di formare il nuovo governo.
8Bensì.
9La politica estera è quelal che riguarda i rapporti con gli altri Stati.
10Si riferisce allo Statuto Albertino.
11Settore della pubblica amministrazione che fa capo a un ministro, ministero.
12Migliorare, far tornare in salute, il bilancio ossia il rapporto fra le entrate e le uscite.
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